Crema è un territorio estremamente colpito dalla pandemia Covid-19 ma che, con forza e volontà, sta cercando di tornare lentamente alla quasi normalità, anche se, questa seconda ondata, sta preoccupando di nuovo tutto il territorio nazionale.
Abbiamo incontrato il Sindaco, Stefania Bonaldi, al suo secondo mandato.
Con squisita disponibilità, ci concede questa intervista, parlandoci del lavoro svolto, dell’impegno profuso negli anni, dei progetti in fase di elaborazione che intende attuare nell’arco di tempo del suo mandato da Amministratore. “Non potrò mai dimenticare il lavoro svolto in questi anni, sicuramente difficili ma di grande impegno lavorativo, politico, e sociale. Forse si poteva fare di più e meglio, è vero, ma noi ce l’abbiamo messa tutta, e continueremo a farlo fino al nostro ultimo giorno; inoltre, ho la fortuna di avere una squadra di grandi professionisti e di persone molto serie e competenti, a cui va il mio più grande ringraziamento”.
L’anno che sta volgendo al termine ha cambiato la vita di ognuno di noi. Le abitudini, il modo di pensare e di agire, le certezze che prima avevamo, ora non le abbiamo più; il Covid-19 ha rivoluzionato ogni cosa. Questa pandemia è stata devastante. Mai e poi mai avremmo pensato di dover restare chiusi in casa per tre mesi e non poter fare nulla, vedere le nostre città deserte, le attività completamente ferme e dover ascoltare solamente il silenzio assordante che faceva da padrone, rotto solo dalle sirene delle ambulanze, o dal suono a lutto delle campane delle chiese.
Purtroppo, però, continua con una punta di amarezza, nella nostra città abbiamo dovuto affrontare altri eventi negativi, la ragazza che si è data fuoco nei campi e l’omicidio di Sabrina, che hanno ulteriormente segnato la nostra comunità. Noi, come Amministratori, anche in queste situazioni abbiamo dato il massimo, perché è nostro dovere essere vicino ai nostri cittadini, ascoltare le loro voci, e fare in modo che si sentano sempre più al sicuro. In questo anno terribile (perché solo così lo si può definire), due cose mi hanno toccato molto, l’arrivo dell’esercito in città per aiutarci, insieme ai medici cubani, ma, soprattutto, aver letto i 327 nomi delle persone morte per Covid-19 nella cerimonia per l’intitolazione della targa del 28 settembre scorso.
Sig.ra Sindaco, il suo secondo mandato terminerà nel 2022. Quanto le dispiace finire questa importante esperienza?
Come tutte le esperienze forti, quelle in cui non ti risparmi ma da cui, al contempo, trai infiniti arricchimenti sul piano umano, delle competenze e degli apprendimenti, mi spiacerà moltissimo. Resto convinta che il ricambio sia vitale; due mandati sono un tempo adeguato per portare avanti progetti e visioni; inoltre, è giusto passare il testimone e dare spazio ad altri, con altri sguardi, altre prospettive che, magari, l’abitudine o la consuetudine ti impediscono di cogliere.
Quanto è difficile fare il sindaco in quanto donna?
Diciamo che è difficile fare il sindaco! Dopodiché, in quanto donna, talvolta ti confronti con una cultura o, meglio, una subcultura che fatica ad accettare le donne nei ruoli apicali e le vorrebbe subalterne. La risposta migliore è tirare diritto, non deflettere di un millimetro e pretendere rispetto. Nella maggior parte dei casi, tutti se ne fanno una ragione.
Da quando lei è sindaco, la sua comunità e la città sono cambiate e perché, secondo lei?
Non saprei se sono cambiate, ma, se questo è avvenuto, è per un lavoro culturale e sociale frutto di un gioco di squadra; l’uomo o la donna soli al comando non creano condizioni di progresso. Certo, la politica, le istituzioni, non sono neutre rispetto alle Comunità, anzi, coloro che ricoprono un ruolo hanno grandi responsabilità per i messaggi che trasmettono, a parole e con i comportamenti.
La società in cui viviamo oggi, da alcuni è definita arrogante, cattiva, razzista; in alcuni casi, la gente ha perso anche i valori di base. A suo parere, quale è il male che affligge le persone?
Le persone vogliono essere ascoltate, accolte, interpretate nella loro individualità, nella concretezza della loro vita. In altri termini, vogliono “essere chiamate per nome”, trattate come individui, non come masse informi. Purtroppo, la società e la politica, spesso, non sono all’altezza di queste attese e i cittadini si sentono traditi, non considerati, relegati ai margini, e così crescono l’indifferenza e l’indolenza sociale, se non addirittura il rancore e i comportamenti antisociali.
Il suo Comune e l’Amministrazione tutta possiamo immaginare che si prenda cura in modo molto attento dei servizi sociali. Ci spiega quali sono e come funzionano e un servizio in più che lei vorrebbe, eventualmente, aggiungere?
Lo sforzo di questi anni è stato quello di tornare a mettere al centro le persone con i loro bisogni e le loro attese, e non i servizi o le misure standardizzate. Questo si è tradotto in due scelte radicali. Da un lato, il ritorno nei territori, nei quartieri, nelle zone sociali in cui abbiamo diviso la città. Lì, negli ambienti di vita, le persone non sono “casi sociali”, ma sono opportunità, relazione, incontro e il nostro lavoro punta a valorizzare tutte le reti formali e informali qui presenti, per creare contesti di crescita e affrancamento. I nostri operatori lavorano con la parrocchia, l’associazionismo, la scuola del quartiere, il gruppo d’ascolto, le società sportive, il volontariato. Un tessuto sociale vivace è più pronto a fare rete intorno a chi è più fragile e bisognoso, perché gli è più prossimo, ne conosce i bisogni.
La seconda sfida del nostro Welfare è la co- progettazione sociale, che ci ha fatto crescere in sintonia con il privato sociale, i cooperatori, il terzo settore, superando la logica “committente – appaltatore”, ma leggendo insieme i bisogni del territorio, e progettando e gestendo insieme anche le risposte. Un rapporto fra pari, arricchente per tutti ed in grado di offrire risposte più qualificate e competenti ai tanti bisogni di oggi, sicuramente più complessi. La sfida è questa, la realtà cambia ad una velocità impressionante e il welfare deve saper stare al passo coi tempi e con questa evoluzione.
In una intervista che ha rilasciato dopo l’accaduto della donna che si è tolta la vita nel modo in cui tutti sappiamo, ha dichiarato “cosa siamo diventati?”. Le chiedo, a questo punto, cosa siamo diventati?
La mia domanda era rivolta ad uno specifico episodio, denunciato da un soccorritore, il quale aveva lamentato la presenza, dinanzi a quel dramma, di alcune persone che, anziché prestare soccorso, avrebbero filmato la scena coi telefonini. Credo che il nostro rapporto con le nuove tecnologie debba essere oggetto di riflessione. Sono mezzi, strumenti e, come tali, sono neutri; ma è l’uso che ne facciamo che può cambiarci, renderci più indifferenti, più distaccati, aumentare le distanze fra noi e il prossimo e, quindi, allentare, fino a farle evaporare del tutto, la nostra compartecipazione alla sofferenza altrui e la nostra empatia.
Possiamo dire, dunque, che l’indifferenza delle persone ha preso il sopravvento su ogni cosa?
Non amo le generalizzazioni. L’indifferenza, oggi, è un grande rischio, certo, ma proprio in questi mesi abbiamo assaporato anche il gusto della solidarietà e dell’altruismo. Va evidenziato anche questo!
Il Comune di Crema, come tutto il Paese, ha vissuto e sta vivendo momenti difficili per questo nemico invisibile, il Covid-19. La vostra risposta, nel periodo del lockdown, quale è stata?
Proprio grazie alle caratteristiche di cui sopra, i nostri servizi sociali si sono attivati con rapidità per offrire risposte personalizzate a domicilio (spesa, pratiche urgenti, consulenza psicologica o specialistica, farmaci, assistenza educativa, servizi socio assistenziali) e, al contempo, abbiamo cercato di offrire rassicurazione ed informazioni puntuali su quanto accadeva in città, evidenziando, però, anche i tanti gesti solidali compiuti dai privati cittadini. Questo ha creato molto spirito di comunità, molta coesione sociale. È stato un costante processo di incoraggiamento reciproco fra istituzioni e cittadini, pubblico e privato, in un contesto realmente drammatico, eppure carico di fiducia e di rispetto. Ricordo che a Crema abbiamo avuto l’esercito con un Ospedale da campo e la brigata di sanitari cubani “Henry Reeve”, settimane che resteranno nella Storia di questa città.
Nel periodo dal lockdown ad oggi, come è stato riportato da tutta la stampa, gli atti di violenza sulle donne hanno avuto un incremento del 15%. Il suo Comune come si predispone nel rispondere a questo tipo di violenza e alla violenza in generale?
Lavorare, sempre, sulla cultura, sulla educazione, sulla prevenzione, sui diritti.
Cultura, istruzione, welfare e diritti sono i cardini della società. La politica deve ricordarlo sempre, anche ai suoi livelli più alti, ma non mi pare, in realtà, che siano i dicasteri più’ ambiti, né quelli ai quali si assegnano le maggiori risorse o le migliori competenze.
Molte realtà comunali hanno dei centri di ascolto per donne vittime di violenza o collaborazioni con i Centri Antiviolenza. Il Comune di Crema quali aiuti mette in campo?
Anche da noi esiste una realtà, l’Associazione “Donne contro la Violenza”, che accogliamo accanto alla sede dei nostri servizi sociali e che lavora in rete con noi e tutti gli attori territoriali, sia per accompagnare le donne vittime di violenza, sia per contrastare la cultura che genera questo tipo di situazioni, con un fortissimo impegno educativo nelle scuole, fin dalle primarie, a riprova che il fattore educativo è fondamentale. Volontarie appassionate, competenti, preparatissime, una ricchezza preziosa per la comunità.
Sindaco, dopo aver parlato di una società che sta profondamente cambiando visto il periodo che stiamo vivendo, o forse è già cambiata, Le chiedo un suo pensiero in merito agli episodi che si sono verificati in questi ultimi mesi nel suo comune, la donna che ha deciso di togliersi la vita in un modo cosi plateale e la scomparsa di Sabrina, della quale non si è ancora ritrovato il corpo
I mesi che ci lasciamo alle spalle hanno reso evidente, a Crema come ovunque, che per molti è finito il tempo delle sicurezze, non solo economiche, anzi, soprattutto esistenziali, quelle legate al senso stesso dell’essere qui. Quest’esperienza ha fortemente toccato le nostre vite e reso ancora più fragili quelle di coloro che già vivevano solitudini, marginalità, problemi di relazione o di lavoro. Il Covid-19 ci ha detto, forte e chiaro, che i Servizi Sociali rischiano, spesso, di essere regolati su traversate prive di onde, ma quel mare oggi non c’è più. Il mondo, oggi, è un altro mondo e corre veloce; non è una nostra colpa, ma può diventarla se non rifondiamo i nostri servizi per leggere e dare risposte a questi nuovi bisogni.
Ringraziandola della sua disponibilità, Le chiediamo di lasciarci un messaggio, in qualità di Sindaco e donna, sulla libertà.
Parto dai “diritti”, sotto il cui ombrello anche la libertà si pone. Non sono ideologizzabili, i diritti sono, e basta. Nessuno può dirci come dobbiamo essere, al massimo può stabilire regole valide per tutti. Due esempi. Nessuno può permettersi di non registrare un bambino come figlio di una coppia omosessuale, comunque sia arrivato, non importa. A Crema non abbiamo mai smesso di riconoscere il secondo genitore, perché ogni bambino e bambina ha il sacrosanto diritto di vedere riconosciuto il legame con le due persone che lo hanno voluto al mondo. E nessuno può respingere nessuno, quale che sia la religione o il colore della pelle o il luogo di nascita; per questo, nessun decreto sicurezza a Crema ci ha mai impedito di continuare ad applicare la Costituzione e di dare la residenza ai richiedenti asilo.
Le persone vanno accolte e noi le accogliamo colmandole di diritti, che è il modo di amare delle Istituzioni. Più se ne allarga l’ombrello, più i cittadini si sentiranno accolti ed interpretati, parte del sistema sociale.
Cosa sogna per il futuro, alla fine del suo mandato?
Sicuramente, il mio impegno politico non finisce con la fine del mio mandato; vorrei occuparmi di diritti umani e sociali. Per quanto riguarda il mio sogno, beh…vorrei vedere nella politica un impegno sempre più al femminile, più diffuso e facilitato, perché noi donne siamo più puntigliose, sappiamo ascoltare e possiamo fare una politica più umana.