La storia di Keyta potrebbe sembrare uguale a tante altre, ma non lo è.
Nato 26 anni fa nella regione di Brikama, in Gambia, Keyta arriva in Italia nel 2016 come rifugiato politico.
E’ un giovane sportivo. Il suo sogno è diventare un atleta professionista, un sogno che lo porta ad allenarsi costantemente con impegno. La sua specialità è correre i 400 e 800 metri piani.
Prima di lasciare il Gambia, dove ha svolto anche due anni di servizio militare, ha gareggiato nella Nazionale per la squadra della polizia. Dopo tanti ripensamenti e con il cuore oppresso per dover lasciare la mamma, infermiera, Keyta decide di fuggire da un Paese allora governato dalla dittatura, dove corruzione e violazione dei diritti umani erano all’ordine del giorno e dove la mancanza di lavoro rendeva oltremodo difficile pianificare e costruirsi un futuro. Il Gambia, infatti, è uno dei Paesi più poveri e meno sviluppati al mondo, con un’economia quasi totalmente basata sull’agricoltura.
Non sentendosi più al sicuro, ancora prima della guerra civile che sarebbe scoppiata di lì a pochi mesi, e in preda a una paura continua, il giovane decide, dunque, di fuggire. Comincia, così, la sua odissea in vari Paesi, fino a quando approda in Italia.
Quando si organizza una cosa del genere- ci racconta– bisogna pensare ad ogni minimo dettaglio, per rischiare il meno possibile, perché nessuno ti dà un aiuto. L’ostacolo maggiore da superare è quello economico. Ho lasciato il mio Paese di notte per non incorrere nel rischio di essere visto o arrestato. Sono andato in Senegal, dove ho avuto la possibilità anche di fare gare a livello internazionale, ma non ci sono rimasto molto, circa due o tre mesi, perché anche qui non mi sentivo al sicuro. Il pensiero e la preoccupazione erano anche per mia mamma: non sapevo più nulla di lei, come stava o se le fosse successo qualcosa. Poi, sono andato in Mali e, sempre in preda alla paura di essere arrestato, dopo soli tre mesi di permanenza, raggiungo la Libia, dove rimango per circa un anno.
In questo periodo, ho cercato di arrangiarmi per vivere, facendo varie cose, fino a quando ho avuto la fortuna di trovare lavoro presso un medico, per il quale ho svolto la mansione di giardiniere e ho accudito il gregge. Oltre al lavoro, il dottore mi ha dato anche un alloggio, permettendomi di vivere a casa sua. Ma era una situazione che non poteva durare a lungo; avevo bisogno di un posto dove poter condurre una vita tranquilla e regolare. E’ così che, con l’aiuto dello stesso dottore, lascio la Libia e approdo in Italia. La mia prima tappa è Reggio Calabria, presso un centro di accoglienza, poi vengo mandato in un altro centro a Bologna e, definitivamente, a Parma come rifugiato politico.
Keyta è in Italia grazie ad un permesso come rifugiato politico, emesso dal Governo Italiano che, all’epoca del suo arrivo, aveva inserito il Gambia tra le nazioni “pericolose” i cui cittadini potevano richiedere per motivi umanitari questa tipologia di permesso. Il suo permesso, purtroppo, sta per scadere e lui, attraverso l’associazione che lo ha accompagnato nel suo percorso di inclusione, ha fatto richiesta di rinnovo.
Questa richiesta ha avuto esito negativo in quanto, nel frattempo, il Governo ha reinserito il Gambia tra le nazioni “amiche” e, quindi, non sono più accolte le richieste dei rifugiati politici.
Keyta, coadiuvato dall’associazione, fa opposizione al rifiuto e l’udienza si dovrebbe tenere tra qualche mese. Purtroppo, considerati i tempi burocratici, se la situazione rimarrà invariata, è quasi certo un altro parere negativo alla sua istanza e, cosa ancora più drammatica, a quel punto il giovane sarà ufficialmente riconosciuto come clandestino e imbarcato per il Gambia.
Ovviamente, nessuna di queste due opzioni è percorribile; la prima perché significherebbe mandarlo con tutta probabilità in prigione, a essere ottimisti, e la seconda perché Keyta ha un sogno e questo sogno può essere realizzato solo in una situazione di regolarità.
Nel frattempo il giovane, sempre grazie all’associazione, non solo inizia un percorso scolastico superiore in una scuola di Parma, dove studia meccanica al 3° anno, ma trova lavoro come badante di un disabile presso una famiglia che ne aveva fatto richiesta all’associazione stessa. Il responsabile dell’Associazione, durante una conversazione, ci ha spiegato che l’opportunità di una regolarizzazione è venuta da un decreto ministeriale emesso durante il lockdown, che riguardava, appunto, la regolarizzazione dei lavoratori agricoli, estesa anche a colf e badanti. Un’assunzione regolare, come quella in corso come badante, avrebbe consentito al giovane di restare legalmente in Italia.
Chiaramente, se Keyta fosse riuscito a consolidare ancora di più la sua situazione economica e stabilizzato la sua posizione lavorativa, le probabilità di un parere positivo da parte del tribunale sarebbero notevolmente accresciute.
Ed ecco che si presenta un’altra opportunità per Keyta.
E’ proprio la famiglia dove lavora come badante che intercede per lui presso un piccolo caseificio locale, dove eseguono il confezionamento per un’azienda molto importante del settore per la lavorazione del Parmigiano Reggiano DOC.
Keyta, come ci racconta ancora il responsabile dell’associazione, avendo, dopo il suo arrivo, anche frequentato un corso per addetto alla lavorazione dei prodotti caseari e conseguito, quindi, il “diploma”, con la certificazione HACCP, per lavorare nel settore, viene assunto e, al momento, lavora nel caseificio ogni giorno dalle 7.30 alle 15.30, con un contratto di un mese, con la concreta possibilità di rinnovo se non addirittura di assunzione a tempo indeterminato.
Gli orari lavorativi gli permettono di continuare la scuola serale e gli allenamenti, che non ha mai lasciato. Attualmente, infatti, gareggia per il CUS Parma, i suoi primati personali sono 48 secondi netti per i 400 mt e 1’48”21 per gli 800 mt.
Un lavoro e un reddito stabili gli offrirebbero, dunque, molte più chances all’udienza, dove potrà dimostrare che anche il suo impegno sportivo e la sua levatura atletica possono fare di lui un “desiderato” anziché un “indesiderato”, oltre che un ragazzo inserito al meglio nella società.
Continua a correre, Keyta. Siamo con te.