Il 2020 segna un nuovo record per il James Dyson Award, che in questa edizione ha registrato il primato sia per numero e qualità delle candidature, sia per l’importo dei premi erogati.
Nella gara dei progetti internazionali ha trionfato Blue Box della ventitreenne spagnola Judit Giró Benet (Università di Barcellona): un dispositivo per lo screening del tumore al seno da eseguire in ambiente domestico utilizzando un semplice campione di urina, i cui dati vengono trasmessi al Cloud, dove vengono elaborati. Non invasivo, indolore, privo di radiazioni e a basso costo, è utilissimo per incentivare la prevenzione, soprattutto ora che il monopolio del Covid-19 sulla sanità ha segnato nei primi cinque mesi dell’anno, solo in Italia, 400mila esami in meno rispetto allo stesso periodo del 2019.
Per la prima volta è stato assegnato il premio per la categoria Sostenibilità, vinto dal filippino Carvey Ehren Maigue (Università Mapúa di Manila) con il suo AuREUS System Technology, già proposto nel 2018 ma oggi perfezionato grazie a un nuovo materiale ottenuto dagli scarti di coltivazione, capace di convertire i raggi UV in luce visibile per generare elettricità, in qualsiasi condizione atmosferica, a differenza dei tradizionali pannelli solari.
Al secondo posto si sono classificati due progetti. Scope di Ishan Mishra, Holden Beggs, Zhen Le Cao, Fernando J. Pena Cantu, Alisha Bhanji (Università di Waterloo), e Tyre Collective di Hugo Richardson, Siobhan Anderson, Deepak Mallya, Hanson Cheng (Royal College of Art). Nel primo caso, di tratta di lenti per fotocamera che modificano dinamicamente le proprie caratteristiche ottiche grazie ai cristalli liquidi. Molti i campi di applicazione: ad esempio, negli smartphone il progetto garantirebbe lo zoom senza perdita di qualità dell’immagine. Tyre Collective, invece, è un dispositivo ideato per le ruote dei veicoli che cattura le particelle inquinanti derivanti dall’usura degli pneumatici, impedendone la dispersione nell’ambiente e permettendone il riciclo.
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