Campania, la pandemia ha generato disorientamento tra i giovani. Ecco l’indagine dell’Università di Napoli

”La pandemia ha generato disorientamento e smarrimento nelle nuove generazioni, condizionando in modo significativo la vita pubblica e privata, individuale e collettiva. I media digitali hanno rappresentato uno straordinario strumento di connessione e comunicazione in una delicata fase storica caratterizzata dal distanziamento fisico e sociale. Tuttavia, l’uso delle tecnologie digitali può alimentare anche rischi e disagi. Studiare i giovani e i loro comportamenti online ci permette di comprendere le principali trasformazioni in atto e di cogliere le dinamiche relazionali che caratterizzano le nuove generazioni”, ha dichiarato Lello Savonardo, professore di sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Università Federico II di Napoli e responsabile della ricerca sociologica dal titolo “Giovani e media digitali in Campania ai tempi del Covid-19”, promossa dall’assessorato alle Politiche giovanili, politiche sociali e alla scuola della Regione Campania.

L’indagine fornisce una fotografia della Campania tendenzialmente divisa in due modelli culturali prevalenti tra i giovani: quelli del “velista” e del “surfista”. I velisti, secondo Lello Savonardo,  sono i giovani che possiedono un capitale culturale e sociale sufficiente a garantire loro il controllo delle situazioni nelle quali si trovano a vivere e in grado di non lasciarsi travolgere dalla frammentarietà, con punti di riferimento solidi che permettono loro di non smarrire la rotta, riuscendo a gestire l’ampiezza dei confini della propria identità. I surfisti, invece, sono i giovani tendenzialmente privi di consapevolezza e di strumenti socialmente o culturalmente utili per orientarsi, che si lasciano trasportare dalle emozioni o dalle occasioni del momento, cavalcando l’onda, senza una meta precisa o con il rischio che l’onda li travolga. Tuttavia, esiste una minoranza di giovani tendenzialmente disinteressati e demotivati, che si lascia andare alla deriva, senza alcuna meta e orientamento. Sono questi i giovani più fragili e vulnerabili, che necessitano di una maggiore attenzione da parte delle istituzioni.

La pandemia ha avuto anche effetti negativi sui comportamenti online dei giovani: trascorrendo più tempo online, gli intervistati lamentano diversi tipi di disagi dovuti all’iperconnessione, ad esempio di aver trascurato i propri hobby e impegni (34%), litigato con familiari e amici (33%), navigato in Rete anche senza interesse (31%), provato senza successo a trascorrere meno tempo su internet (16%), provato disagio quando non potevano essere online (13%) e, nei casi più estremi, smesso di mangiare o dormire a causa di internet (6%). Tali disagi risultano più frequenti tra gli under 18 e solo il 16% del campione dichiara di non aver avuto problemi durante la pandemia. Inoltre, si segnala una tendenza differente tra maschi e femmine: tra i ragazzi è stato più frequente l’aumento dell’aggressività, mentre tra le ragazze l’auto-isolamento.

Nel periodo della pandemia gran parte dei giovani campani ha vissuto un’esperienza spiacevole attraverso i social: circa 1/3 del campione ha visto contenuti negativi o violenti, il 12% ha ricevuto contatti indesiderati da utenti sconosciuti, il 9% ha ricevuto messaggi dal contenuto sessualmente esplicito (sexting) e l’assoluta maggioranza dei giovani intervistati è rimasta turbata da tali episodi. In particolare, le donne risultano più scosse degli uomini, mentre gli under 18 sono più turbati dal cyberbullismo e dall’hate speech.

In merito alla ricerca Lucia Fortini ha asserito che “Durante l’isolamento causato dal Covid-19, l’unico sistema che ha sostenuto e incentivato le relazioni umane è stato rappresentato dalla comunicazione attraverso i dispositivi digitali. Internet può anche rivelarsi uno strumento pericoloso se non usato con consapevolezza poiché le informazioni che fornisce non sono sempre sicure e fondate. Per questo motivo ho trovato molto interessante la ricerca condotta dal professor Savonardo e dai Ricercatori Mirella Paolillo, Rosanna Marino e Augusto Cocorullo. I dati emersi pongono una sfida per la stessa comunità educante: accompagnare i giovani in un percorso che li orienterà ad un corretto utilizzo del web”.

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