Alexander Ozerski nasce a Sverdlovsk, in Russia nel 1982. Figlio di un musicista e nipote di una grande ginnasta, lascia il suo paese nel 1990 per trasferirsi in Italia. Attualmente, vive a Parma, in pieno centro storico, dove produce le sue opere e insegna discipline artistiche. Frequenta l’Istituto Statale d’Arte “P. Toschi” di Parma, dove sviluppa la sua creatività raggiungendo notevoli risultati nell’ambito pittorico, nella decorazione e nella scultura. Sostenuto attivamente dal prof. Mauro Marchini, con lui partecipa a diverse collettive. Alexandr arriva ad un suo stile di innovazione dove fa uscire diverse influenze artistiche, culturali e sociali; una pittura decisamente particolare, ma che attrae con grande curiosità sia il pubblico dei collezionisti che amatori d’arte in generale, negli anni partecipa a concorsi ed esposizioni nazionali e internazionali.
Alexandr lei arriva in Italia negli anni novanta. Qual è la prima città in cui arriva?
Reggio Emilia, dove già c’era mia mamma
La sua pittura è molto apprezzata dai collezionisti, ma anche dagli amanti dell’arte in generale. C’è un motivo particolare, secondo lei?
Di preciso non lo so. Credo che la mia pittura abbia una intensità di espressione e di ricerca dove le componenti psicologiche ed interiori diventano un insieme che attrae il collezionista o l’amante dell’arte. I miei soggetti o figure, spesso, sono femminili, oppure creature mitologiche ma, allo stesso tempo, la mia è anche una pittura che esprime concetti della politica, del mondo contadino o sociale. Ecco, questi potrebbero essere gli ingredienti che attraggono il pubblico in generale
Il suo maestro è stato il professore Mauro Marchini. Cosa le manca di più di lui?
Tutto. Oltre ad essere il mio insegnante, è diventato un amico, il mio punto di riferimento. Era l’unico che poteva avvicinarsi e toccare le mie opere. Anche se non ho sempre seguito alla lettera ciò che mi consigliava, con lui avevo un legame speciale, fortissimo ed unico; infatti, quando è venuto a mancare, per due anni, per me, è stato buio totale.
Se lei dovesse dare un consiglio ad un giovane che si vuole avvicinare all’arte, quale sarebbe?
Avere un maestro giusto, che ti trasmetta la voglia di capire, che segua il tuo percorso. Io non sono una persona che fa tanti complimenti o ti dice bravo o altro, però, come diceva il mio maestro, per fare pittura servono due cose: del buon vino e della buona musica
Se non fosse un pittore che tipo di arte le piacerebbe fare?
Io nasco fumettista. A 18 anni mi sono iscritto alla scuola serale, nella sezione grafica, per diventare un fumettista. Purtroppo, dopo solo due anni, ho dovuto ritirarmi per lavorare e aiutare la famiglia. Poi, quando, per la prima volta feci un ritratto, suggeritomi sempre dal mio maestro, è stata una sensazione immensa: era pura normalità, come se lo avessi sempre fatto, cosa che, disegnando fumetti, non avevo mai provato.
C’è una galleria in particolare dove le piacerebbe esporre?
Non ho mai pensato ad un galleria in particolare
Lei insegna disegno, scultura e pittura ad allievi giovani e meno giovani. Nel corso degli anni, ha individuato qualche allievo o allieva particolarmente dotati?
La fascia di età dei miei allievi va dai 14 ai 67 anni e sono di vari mondi diversi, sono persone che non si sarebbero mai incontrate se non si fossero avvicinate alla pittura. Sono convinto che, per frequentare un qualsiasi corso, gli allievi devono trovare un ambiente bello, in cui si sentono a proprio agio. Ricordo che il Professor Marchini mi disse (in quel periodo stavo imparando a disegnare): “Ogni volta che sbagli, mi porti una bottiglia di vino”. Dopo la prima cassa, pensai che dovevo migliorare subito. Per quanto riguarda il talento, lo si capisce nel momento in cui l’allievo deve produrre una sua opera e, magari, si avvicina alla sua sfera personale, mettendo a nudo la sua personalità. Attualmente, ci sono un paio di allievi particolarmente dotati
Lei è figlio di un musicista e nipote di una grande ginnasta. Ha mai pensato di avvicinarsi alla musica o alla ginnastica?
Alla musica si, a 7 anni suonavo già il pianoforte. Alla ginnastica no, era prettamente maschile, anche se quando ero con la nonna avevo circa 200 donne in body che mi giravano intorno.
Da piccolo si è mai chiesto cosa le sarebbe piaciuto fare da grande?
Si, certo! Avrei voluto fare il clown
Perché è venuto via dal suo paese di origine?
Mi ha mandato via la nonna. Vede, non ero esattamente un bambino modello: facevo sempre caos con gli amici e tante volte ho messo il quartiere dove abitavamo in subbuglio
Le manca il suo paese?
Si, mi manca. Ci sono molti aspetti che fai davvero fatica a capirli; ad esempio, se per un anno non ritorni, si ha la sensazione che la volta successiva siano passati 15 anni
Le future generazioni di giovani della Russia avranno difficoltà ad avvicinarsi all’arte dopo la fine di questa guerra?
Assolutamente si, ma non solo a causa della guerra; già da tempo è così. Purtroppo, i social hanno rovinato tutto, viene resa più semplice qualsiasi cosa. Non c’è studio, si legge molto poco, si pensa già di essere arrivati, basti pensare che valgono di più i tutorial che un corso con anni di studio e di ricerca
Questa guerra, secondo lei, si poteva evitare?
Si certo, non è un problema di religione perché sono tutti ortodossi, ma è una guerra di interessi molto spinti, e le conseguenze saranno molto pesanti in questo periodo e anche per il futuro
Nel suo futuro cosa vede
Non lo so, voglio lavorare ad altri progetti che abbiano sempre una evoluzione e, magari, in futuro fare il pittore come unico lavoro.