Un palcoscenico per la moda

A Ragusa, l’antico Castello di Donnafugata ospita oggi un suggestivo Museo del Costume che racchiude secoli di abiti e accessori. L’allestimento teatrale ideato da Giuseppe Gurrieri e Nunzio Sciveres – autori anche del restauro dell’edificio – si gioca su morbidi panneggi di velluto multicolore

(ph. Francesco Caristia)

Storia centenaria quella del Castello di Donnafugata, quindici chilometri da Ragusa andando verso il mare. Cosiddetto castello, perché a metà Seicento è una masseria. Poi secoli di cambiamenti – con l’ultima virata neogotica – lo hanno reso la sontuosa residenza nobiliare acquistata dal Comune di Ragusa nel 1982. Tutte le vicende, assommate in 7500 metri quadrati disposti su tre piani, sono un insieme affascinante, diventato una bella sfida al momento di restaurarlo per allestirvi il Museo del Costume o, come piace oggi, MuDeCo. Incentrato sulla collezione di abiti e accessori appartenuta al marchese Gabriele Arezzo di Trifiletti («Secoli di storia di una famiglia che aveva conservato non solo i vestiti ma qualunque tipo di accessorio», dice il nobiluomo), poi acquisita nel 2014 dall’amministrazione di Ragusa, questo museo permanente della storia del costume siciliano tra il XVIII e il XX secolo è un progetto di Giuseppe Gurrieri e Nunzio Sciveres.

Il Castello di Donnafugata si trova a quindici chilometri da Ragusa. (ph. Francesco Caristia)

Equidistanti tra rispetto dell’esistente e necessari innesti contemporanei, gli architetti ragusani firmano un nuovo capitolo di quella storia italiana del recupero del patrimonio che annovera tanti precedenti magistrali: dagli interventi firmati Carlo Scarpa a Castelvecchio di Verona e nel palermitano Palazzo Abatellis, a quelli genovesi di Franco Albini a Palazzo Bianco e Palazzo Rosso, o dei BBPR al Castello Sforzesco di Milano. Inaugurato a metà ottobre 2020, il museo occupa il piano terreno del complesso. Sono state mantenute le volte di pietra a vista, in buono stato, e quelle di gesso. Ove inevitabile, gli intonaci originali sono stati sostituiti con malte a base di calce idraulica, con una velatura di grassello di calce in pasta con pozzolane, esente da cementi.

(ph. Francesco Caristia)

Le microarchitetture inserite sono subito riconoscibili. Gli architetti le definiscono ‘gabbie’: in pratica strutture autonome appoggiate a terra, su cui sono installate le luci e i tendaggi di velluto ignifugo che oscurano la luce naturale ammorbidendo la percezione dello spazio. Nelle abbondanti pieghe richiamano la sontuosità delle crinoline. Slegate dalle pareti, di cui celano le imperfezioni, sono piccole macchine sceniche che teatralizzano i capi esposti e orientano educatamente il flusso dei visitatori. La versatilità di queste strutture permette di inserirle in ambienti differenti, ora con volte a crociera ora dai soffitti piani con travi a vista.

 

Il restauro del castello di Donnafugata ha comportato la sostituzione di alcuni intonaci e la stesura di un velo di grassello di calce sulle antiche pareti. Le micro-architetture espositive puntano su quinte di velluto ignifugo. (ph. Francesco Caristia)

Sono sipari, quinte, tendaggi alternati alla pietra a vista in un’accorta scelta cromatica che rimarca, per contrasto, la ricchezza della collezione. Una nota particolare merita lo spazio circolare della torre d’angolo oggi su due livelli, risolto introducendo una nuova superficie galleggiante di lamiera microforata da cui si vede l’unica pavimentazione originale rimasta.

 

 

 

 

 

 

 

 

abitare.it

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