Dal Camerun all’Italia: il sogno di Fabrice (Eslusiva)

di Sandro Capatti

Una storia positiva e bella di un sogno che si realizza, quella di Fabrice Silatchom,34 anni, proveniente dal Camerun e arrivato in Italia senza conoscere la lingua. Con tenacia e passione è riuscito a conseguire una laurea in Ingegneria. Attualmente, lavora a Parma, presso l’azienda Dallara Automobili, dove gode di massima stima e fiducia.

Fabrice, da quanto tempo vivi in Italia?
Sono arrivato in Italia undici anni fa, grazie ad una borsa di studio assegnata dalla Regione Emilia Romagna agli studenti più meritevoli. Attualmente, vivo a Fornovo Di Taro, in provincia di Parma e lavoro presso l’azienda Dallara Automobili da cinque anni. Mi occupo di analisi dei dati per il miglioramento dei processi.

Raccontaci la tua storia.

Sono nato in un piccolo paese del Camerun, vicino al mare. Ripensando agli anni della mia infanzia e adolescenza, non posso non essere grato a mia madre, alla quale devo tutto. Rimasta orfana in tenera età di entrambi i genitori, ha vissuto con la sorella maggiore fino all’età di 19 anni, quando, rimasta incinta, è stata mandata via di casa da mio zio perché considerata un disonore per la famiglia. Abbandonata da mio padre, ha portato avanti la gravidanza da sola, vivendo in un piccolo villaggio lontano dalla città, sprovvisto persino di luce e acqua. Dopo avermi dato alla luce, ci siamo trasferiti in un’altra città, dove ha iniziato a lavorare come maestra di scuola elementare. Qualche anno dopo sono arrivate due sorelline, anch’esse abbandonate dal loro padre, rivelatosi, purtroppo, anche meno responsabile del mio. Gli anni seguenti sono stati piuttosto duri per noi, soprattutto per mia madre che, da sola, si è trovata a crescere tre figli, facendo sì che avessimo anche un’adeguata istruzione. Ed è stato proprio il conseguimento della maturità a segnare una svolta nella mia vita. Grazie all’esame superato brillantemente, mi fu assegnata, tramite l’Ambasciata Italiana, una borsa di studio, destinata, come dicevo poc’anzi, a studenti meritevoli per consentire loro di studiare in Italia.

A questo punto, si poneva il problema del biglietto aereo, superato, anch’esso, grazie a mia madre che, per permettermi di cogliere questa splendida opportunità, ha venduto l’unico bene in suo possesso, un terreno di un ettaro che era riuscita a comprare grazie ai risparmi di una vita.
Sono arrivato in Italia nell’agosto del 2009. Ho vissuto, per tutto il mio periodo di studi, presso “La casa dello studente”, una residenza che ospitava gli studenti  beneficiari delle borse di studio assegnate dalla Regione Emilia Romagna. La Regione mi garantiva ogni anno, in base ai risultati universitari, un alloggio e la retta scolastica ma, per mantenermi, ho dovuto lavorare. Devo dire che i primi anni sono stati molto duri. Solo, in un Paese straniero e senza conoscere la lingua, mi sono ritrovato a superare non poche difficoltà, a partire dalle lezioni e dagli esami in italiano. Pian piano mi sono integrato, ho stretto amicizie ma, per garantirmi la permanenza in Italia e la possibilità di portare a termine gli studi, mi sono trovato a svolgere svariati lavori (tra cui operaio alla Gazzetta di Parma) anche nell’arco della stessa giornata, con orari e ritmi, talvolta,  allucinanti.

Ma ho affrontato tutto con grande determinazione e due forti motivazioni: assicurarmi un futuro, quel futuro, purtroppo, precluso a tanti miei coetanei che vivono in condizioni di povertà nel Paese da cui provengo, e ripagare i sacrifici che mia madre ha fatto per rendermi possibile tutto questo. Sono orgoglioso di poter, oggi, provvedere io a lei e alle mie sorelle. A proposito, sapete che la più grande si trova anche lei in Italia? Studia Farmacia. Il suo sogno è aprire una farmacia in Camerun.
Sono e sarò sempre grato all’Italia per avermi dato la possibilità di studiare in questo meraviglioso Paese, raggiunto grazie a quello che si potrebbe definire il viaggio della speranza.

Quando hai conosciuto l’Azienda Dallara Automobili?
Nel 2014. Ho cominciato a lavorare presso l’Azienda come stagista per  essere, da novembre dell’anno successivo, assunto stabilmente. Oggi mi occupo di programmazione della produzione e analisi dei dati. Lavorare per la Dallara Automobili è, per me, una crescita continua, umana e professionale. Sono onorato e grato di aver conosciuto l’Ing. Gian Paolo Dallara e la figlia Angelica. La loro “visione” d’impresa (raggiungimento dell’eccellenza, ricerca e innovazione continue, valorizzazione delle risorse umane, attenzione per i giovani talenti, rispetto totale per l’ambiente) è uno sprone continuo a dare sempre il meglio. Un esempio da seguire.

Qual è la tua idea di famiglia? Come dovrebbe essere?
Io non ho avuto una famiglia normale. Nonostante l’amore ricevuto da mia madre, crescere senza una figura paterna che potesse guidarmi mi è pesato molto, senza contare che sono stato troppo spesso vittima di discriminazione per questo. Credo che uno dei motivi per cui, nel mondo, c’è tanta sofferenza e rabbia, sia da ricondurre ad uno scompenso familiare. Genitori che, a causa di impegni lavorativi, non si dedicano ai propri figli, tralasciando e affidando, di conseguenza, la loro educazione alla tv, ai social network e  al mondo virtuale.
La famiglia di oggi dovrebbe tornare ad essere quella tradizionale di una volta, con figure genitoriali presenti e attive nell’educazione dei propri figli, capaci, ad esempio, di ritagliarsi del tempo per giocare con i propri bambini o leggere loro delle favole prima di andare a dormire. Genitori che sappiano trasmettere quei valori non fondati sul consumismo, ma su un’etica rispettosa degli altri.

La creazione di una tua famiglia è un obiettivo che intravedi nel tuo futuro?
Certo! Spero di sposarmi presto e avere dei figli, a cui vorrò raccontare la mia storia, per spronarli a non mollare mai, ad impegnarsi per i propri sogni. Desidero essere una figura paterna presente nella loro vita, affinché non debbano vivere ciò che è toccato a me. Sicuramente, mi impegnerò ad insegnare loro ad amare e accettare il prossimo.

Uno dei temi caldi nel nostro Paese è l’immigrazione. Secondo te, esiste un modo giusto per affrontarla?

E’, questo, un problema di difficile soluzione se non lo si affronta dalla radice. Le persone che vengono in Italia, e in altri posti europei, attratti dal miraggio di una vita migliore,  scappano da guerre, da situazioni estreme di povertà, dalla precarietà economica causata dallo sfruttamento delle nostre ricchezze da parte di colossi occidentali che vengono a “colonizzarci”. Per contrastare questo dilagante fenomeno bisogna, a mio avviso, rendere economicamente autonomo il continente africano. Il mio popolo deve poter utilizzare le proprie ricchezze e garantire, soprattutto ai giovani, istruzione e lavoro. Il mio sogno  è poter,  anch’io, essere d’aiuto al mio Paese e contribuire al suo sviluppo mettendo a disposizione l’esperienza che sto acquisendo in Italia  grazie al mio lavoro.

Assistiamo continuamente a molte morti in mare. Credi sia possibile fermare questa strage?
Si, certamente. E’ un problema di legalità. Bisogna fare indagini accurate e intensificare i controlli, bloccando la partenza di tanti barconi, se necessario. Vanno assolutamente contrastati questi traffici disumani.

Cosa ti manca di più del tuo Paese?

Mia madre, ovviamente, che desidero tanto rivedere, ma anche il sorriso vero ed innocente dei tanti bambini scalzi che giocano nel fango, gioiosi di quel poco che possiedono;  e, poi, il profumo del mare e della foresta.

 

 

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